
Cari amici e lettori,
l’anno scorso avevo iniziato a scrivere questo romanzo, che andava a completare la collana Rinascere. Sui due terzi della stesura mi bloccai perché il personaggio dell’avvocato Marco Tullio Smithson si impose alla mia mente e alla mia fantasia creativa. Fu talmente forte che abbandonai questo romanzo perché poi ho scritto I GIOCHI SONO FINITI e OMICIDIO À LA CARTE che stanno andando molto bene.
Il romanzo non finito giace lì, ma stamattina gli ho dato un titolo e una copertina e ho deciso di offrirvelo a puntate.
Perciò, ecco a voi:
IL MOMENTO DI VIVERE
1.
Giuliana Werter chiuse il suo ambulatorio alle diciannove. Non era prevista più alcuna visita su prenotazione e la sala d’attesa era vuota. Si tirò dietro la porta dello studio e chiuse a chiave. Uscì in strada ma non si diresse direttamente a casa sua, distante circa mezzo chilometro, tratto che di solito percorreva a piedi. Non sarebbe rientrata subito perché pensava di mangiare qualcosa alla pizzeria don Pasquale, ubicata sulla stessa strada dove aveva il suo studio, in Grazen Strassen.
Aveva scelto di vivere in Austria, a Bad Ischl, ed esercitare lì la professione di medico di famiglia. Quando la sua vita era andata in frantumi, era rimasta per quasi un anno ferma, prima di prendere la decisione di cambiare totalmente la sua vita. Aveva deciso di lasciare l’Italia. La scelta era caduta sull’Austria, perché suo padre era nato a Vienna e lei parlava correntemente la lingua paterna. Così aveva espletato tutta la trafila burocratica e aveva ottenuto di aprire un ambulatorio a Bad Ischl. Aveva scelto questa bella località termale perché vi si era recata varie volte col padre e ne aveva un bel ricordo.
Bad Ischl è conosciuta per essere la città della famosa Elisabetta d’Austria, detta Sissi, che qui viveva buona parte dell’anno e qui conobbe il suo amato Francesco Giuseppe. Suo padre le diceva sempre che lei somigliava alla principessa, coi suo folti e lunghi capelli biondo scuro che incorniciavano un ovale perfetto e contrastavano coi suoi profondi occhi neri, ereditati dalla mamma italiana.
«Hai anche un portamento regale, così alta e snella. Hai un’eleganza innata», le diceva spesso suo padre a cui lei attribuiva un’importanza relativa. Quale genitore normale svaluta il proprio figlio? Il rapporto con suo padre, poi, era speciale.
Al tempo delle sue vacanze a Bad Ischl, Giuliana era rimasta affascinata dalla storia di Sissi e varie volte aveva visitato i luoghi della principessa, meta turistica per i romantici e non. Da giovane era stata un’inguaribile romantica, ma da tempo aveva buttato via la chiave del suo cuore.
Ancora una volta il suo pensiero corse alla notte che aveva cambiato la sua vita, in modo irrimediabile.
Giuliana era stata un chirurgo plastico molto affermato, sebbene fosse ancora relativamente giovane; ciò era dovuto anche al fatto di aver ereditato lo studio del padre, morto prematuramente. Viveva una vita agiata, perché persone insoddisfatte del proprio aspetto ce ne sono sempre. Lei non si poneva molti problemi: se qualcuno avesse voluto modificare un naso, lei lo avrebbe accontentato, anche se a volte quelle persone non avevano bisogno di modificare il loro aspetto, quanto piuttosto di acquisire più autostima.
La vita le sembrava bella e piena di promesse. Il suo studio era affollato da gente facoltosa, da cui veniva ricambiata con eterna gratitudine e inviti a feste esclusive. Durante una di queste feste aveva conosciuto suo marito Fausto Guelan, un imprenditore del settore elettronico.
«Anche lei si annoia?», le aveva chiesto durante una di queste feste in una villa faraonica subito fuori Roma.
Giuliana era sprofondata in un fantastico divano di pelle bianca, che aveva quasi paura di toccare e il suo viso non esprimeva propriamente divertimento.
«Non vado matta per queste feste», aveva risposto, guardando con curiosità l’interlocutore, un uomo elegante e distinto, forse sui cinquanta, a giudicare dal grigio nei capelli, ma ancora prestante.
Fausto la scrutò coi suoi profondi occhi scuri, che mostravano una certa perspicacia. «Allora, perché è qui? Cosa la costringe?», le chiese.
«E lei? Non mi sembra così preso dalla serata».
«Mi scusi… Ho fatto una domanda indiscreta. Però, le voglio rispondere per quanto mi riguarda. Sono un ingegnere elettronico, titolare di una piccola azienda di hardware e sto per concludere un affare col padrone di casa. Mi ha invitato a questa festa e, per quanto io detesti questi eventi mondani, ho dovuto accettare per cortesia».
«Io sono un chirurgo plastico, ma non le dico quante persone di quelle presenti sono passate dal mio lettino ambulatoriale».
Questa risposta di Giuliana divertì Fausto che subito dopo le fece una proposta. «Che ne dice di uscircene in giardino, lontano da questo brusio e da questa musica fastidiosa e prendere qualche boccata d’aria buona?».
«Molto volentieri», rispose Giuliana, senza troppo pensarci su. Quell’uomo le era simpatico e le sembrava una persona interessante.
Uscirono nell’ampio giardino, tenuto in modo impeccabile. La notte spandeva i profumi del tiglio e del gelsomino ed era piacevole respirare a pieni polmoni. Attraversarono i viali fino a uno slargo dove una fontana sembrava possedere note musicali sue proprie.
Si sedettero su una panchina che guardava verso Roma. La villa era su una zona collinare, pertanto, la visuale della Città Eterna era perfetta. Si vedevano il cupolone di San Pietro e Castel Sant’Angelo illuminati come tutte le vie consolari, che ricordavano un passato glorioso e di conquiste belliche. Tutta la città brillava, creando un bagliore esteso che interrompeva la notte senza luna.
«Bella Roma, quando la si guarda da lontano», fu l’osservazione di Giuliana.
«Io abito a Grottaferrata e ho la mia ditta vicino a Frascati».
«Beato lei. Io vivo a Roma perché è più comodo per il mio lavoro e poi ci sono nata, non saprei dove altro stare».
Avevano cominciato a parlare di sé stessi, scoprendo di avere molte cose in comune. Il tempo era volato e i padroni di casa avevano dovuto rintracciarli nel giardino, perché ormai la festa era finita.
Fausto le aveva chiesto di rivedersi e lei aveva accettato di buon grado. Quando avevano cominciato a frequentarsi assiduamente, il primo scoglio era stato decidere dove abitare. Alla fine si era deciso per l’abitazione di Giuliana e così avevano iniziato una convivenza faticosa, ma non priva di entusiasmo.
Purtroppo, le esigenze dei due erano diverse: Giuliana doveva sempre presenziare agli eventi mondani, mentre Fausto ne poteva fare a meno, perciò, lei a volte andava da sola.
«Questa volta devi venire con me al party del dottor Giannelli. È in ballo la mia assunzione nella sua clinica come responsabile della chirurgia ricostruttiva. Lui intende farmi conoscere il suo staff».
«Non potrebbe farlo in un giorno lavorativo nella sua clinica?», rispose infastidito Fausto.
«Lo sai che non è proprio così. Ti prego! Fa’ uno sforzo per stasera».
Fausto l’accompagnò suo malgrado, ma fu annoiato per tutta la serata.
In auto, al ritorno, Giuliana espresse tutto il suo malumore. «Potevi almeno far finta di partecipare, non dico di sorridere a tutti», gli disse.
«Lo sai che non mi piace».
«Non ti ho portato al patibolo! Eri a una festa!», gli gridò esasperata e, nel farlo, si girò verso di lui, mentre guidava l’auto ad andatura sostenuta, desiderosa di essere a casa quanto prima e mettere fine a quella serata frustrante.
Fu un attimo. Giuliana non si rese conto che nel voltarsi verso il marito aveva mosso il volante verso destra. Tentò di addrizzarlo all’ultimo momento, ma l’operazione servì a far sbandare l’auto ancora di più. Si schiantarono contro uno dei platani maestosi della Nomentana.
Lei se la cavò con una ferita alla fronte, ma Fausto morì sul colpo.
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