
Forse in pochi sapete che nel lontano 2018 scrissi un libro a quattro mani. Fu pubblicato dapprima a puntate sui reciproci blog (quello di Gian Paolo Marcolongo è Newwhitebear) e poi pubblicato su Amazon dove ancora è presente.
Vi riporto un estratto di parte del cap. 2 (a me toccavano i capitoli pari). Con la mitica Debora Nardi.
Estratto
«Elisa! Stai preparando la tua valigia?» Debora sollecitò per l’ennesima volta sua figlia, mentre rifletteva che, alla
vigilia delle vacanze estive, si ritrovava sistematicamente priva di pazienza e di energie.
Da parte sua cercava di prevedere tutto, ma questo la portava ad affrontare le ferie completamente sfinita. La figlia, come molti giovani, si riduceva agli ultimi giorni, se
non l’ultimo, a preparare il necessario per la vacanza. Solo quando doveva mettere il tutto in valigia, chiedeva se la
maglietta preferita fosse stata lavata o dove fossero finite le ciabattine per la piscina, e via con richieste del genere.
Poi si accorgeva che – orrore! – il costume da bagno andava sostituito perché fuori moda.
«Mamma, lo so che devo preparare la valigia! Quante volte me lo devi ripetere? Ho studiato fino all’altro ieri, dammi
tregua.»
Per Debora non andava meglio con il marito, Andrea, per il quale doveva pensare a tutto, immaginando quali fossero le cose di cui aveva assoluto bisogno.
«Visto che quest’anno non mi hai voluto seguire per le compere, come pensi di coprirti in montagna se dovesse
fare freddo?» chiese affranta al consorte.
«Ho il piumone grigio…» rispose, disorientato, messo di fronte alla sua inadeguatezza.
«Sono anni che non hai più la giacca grigia. C’era quella blu, ma mi sembra lisa. Sai che faccio? Ci penseremo a Roccapietrosa. Ci sarà un negozio di articoli sportivi.
Oppure andiamo a Roccaraso; al peggio scendiamo a Sulmona, così compro anche i confetti».
Da anni si recavano in quel piccolo paese di montagna, Roccapietrosa, che le era piaciuto da subito, incastonato
tra le montagne e immerso nel verde delle abetaie. La gente del posto era molto cordiale, come lo erano i gestori
del piccolo hotel All’Orso Bruno, dove avevano sempre soggiornato. Per questa volta aveva chiesto se ospitassero
gli animali, perché, da poco, avevano una cagnolina meticcia, un incrocio non meglio definito di yorkshire.
L’aveva trovata una mattina davanti al cancello di casa, piagnucolante e ferita; l’aveva presa con sé e non era stata
reclamata da nessuno, perciò era il quarto componentedella famiglia. L’avevano chiamata, dopo lungheconsultazioni in famiglia, Puzzolina – detta Lina – per via
del manto che ricordava una puzzola. Per Lina bastava il trasportino e un cappottino per il freddo, oltre alle crocchette.
Finalmente furono pronti per la partenza, dopo aver dato istruzioni alla vicina, nonché amica fidata, Flora, la quale
avrebbe annaffiato le piante durante la loro assenza e dato un’occhiata in caso di bisogno. L’auto fu caricata con i
loro bagagli e appariva colma oltre ogni dire. “Perché ogni volta che partiamo sembra un trasferimento?” si
domandò Debora senza trovare risposta. Ogni anno si riprometteva di limitare all’essenziale l’abbigliamento, ma
quello sembrava lievitare da solo e le pareva una cosa assai strana, considerando che né lei né il marito erano
particolarmente attenti alla moda. Alla fine, con la Jeep stracarica, partirono per la montagna. Elisa e la piccola
Lina erano sui sedili posteriori, Andrea guidava e Debora si preoccupava per tutti.
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